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"La vera storia del pirata John Silver" di B. Larsson - una riflessione psicologica


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È molto più che un romanzo d’avventura: è un racconto che porta in scena la complessità del funzionamento psichico.

John Silver non è solo il pirata scaltro e spietato, ma un uomo che si narra, che si pensa attraverso le parole e che cerca, nel racconto, di dare forma ai propri vissuti caotici.


In una prospettiva psicoanalitica, il mare e la vita piratesca rappresentano l’oceano delle emozioni grezze e indigerite che devono trovare trasformazione in pensiero. La scrittura e la narrazione autobiografica diventano allora la sua possibilità di elaborazione: un tentativo di metabolizzare colpa, violenza, desiderio e paura.


Silver costruisce così uno spazio narrativo condiviso con il lettore, in cui emozioni confuse si trasformano in immagini e pensieri. Non c’è una divisione netta tra bene e male, ma piuttosto la possibilità di abitare le contraddizioni e di dar loro un senso.


Il fascino del personaggio risiede proprio in questa ambivalenza: non si tratta di scegliere se vederlo come eroe o come criminale, ma di restituire voce a una soggettività frammentata. Il romanzo ci ricorda che l’identità non è mai unitaria e stabile, ma un processo continuo di narrazione e trasformazione.

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